Anguilla del Livenza

Nome del prodotto, compresi sinonimi e termini dialettali

Anguilla del Livenza, Bisàt del Livenza.

Territorio interessato alla produzione

Complessivamente l’anguilla del Livenza viene pescata in 17 Comuni, 3 nella pro-vincia di VENEZIA (Caorle, S. Stino di Livenza, Torre di Mosto), 7 nella provincia di TREVISO (Cessalto, Motta di Livenza, Gorgo al Monticano, Meduna di Livenza, Mansuè, Portobuffolè, Gaiarine), 7 in quella di Pordenone (Pasiano di Pordenone, Prata di Pordenone, Brugnera, Sacile, Caneva, Fontanafredda, Polcenigo).

La storia

L’anguilla è un pesce del tutto particolare, sia per la sua forma allungata e serpentiforme, sia soprattutto per il suo particolare ciclo vitale. Essa infatti si accresce nelle acque dolci o salmastre, dove si trattiene fino al raggiungimento della maturità sessuale (da 9 a 12 anni), per ridiscendere poi al mare e compiere un lungo viaggio verso le zone di riproduzione, localizzate nel Mar dei Sargassi, nell’Oceano Atlantico. Dopo la schiusa le larve vengono trasportate dalle correnti verso le coste d’Europa, dove arrivano dopo un viaggio di circa tre anni.
Fra dicembre e maggio le giovani anguille, le cosiddette “ceche”, penetrano nei fiumi dove rimangono fino alla maturità sessuale. Il Livenza è un fiume tra i più importanti della pianuraveneto-friulana; esso è quasi del tutto navigabile e ha sponde ricoperte di abbondante vegetazione e acque limpide e fredde alimentate da risorgive. I fondali sono privi di ghiaia e molto puliti, ciò lo rende un habitat ideale per l’anguilla che qui assume caratteristiche uniche, simili solamente a quelle che vivono nel Sile.

Descrizione del prodotto

L’anguilla della Livenza ha testa piccola, pelle chiara e sottile, giusta quantità di grasso che ne fa un prodotto superbo. Le acque temperate di risorgiva consentono una crescita lenta dell’anguilla che permette di conferire alle sue carni un inconfondibile sapore. In funzione del periodo, delle modalità di pesca e delle dimensioni, vengono descritti 2 tipi di anguilla della Livenza: Tipo “fiumano” o di “fraima” è pescato alla fine dell’estate e in autunno, quando le anguille mature scendono lungo il fiume per dirigersi verso il mare. Possono pesare da pochi etti a oltre il chilo e sono caratterizzate da pelle grossa, chiara e grassa per affrontare le profondità marine. Tipo “marino” o “primaverile” è stanziale, pescato in primavera ed inizio estate, di dimensioni crescenti da mare a monte, ma comunque di dimensioni ridotte rispetto alla anguilla del tipo “fiumano”.

Processo di produzione

L’anguilla vive e cresce liberamente nell’acqua del Livenza, senza interventi di acquacoltura. Si ciba di invertebrati, crostacei, molluschi, anfibi, pesci e carogne di animali. L’intervento dell’uomo è limitato alla pesca che avviene solitamente con i “bertovelli”, che sono piccole reti a forma di sacco. Dopo la cattura i pesci vengono mantenuti e commercializzati vivi.

Anguilla del Livenza, un piatto da gustare

Fin qui la loro vita. Per quanto riguarda le caratteristiche relative alla loro carne come pure il loro aspetto fisico (in particolare le tonalità di colore) dipendono dalla qualità delle acque in cui vivono e dal cibo che trovano.

Le anguille del Livenza, proprio per le caratteristiche di questo fiume di risorgiva, lungo 115 km e con una enorme portata d’acqua, la massima in Italia in rapporto alla lunghezza, risultano diverse dalle loro sorelle degli altri fiumi veneti, eccezion fatta per quelle che vivono nel Sile, cui sono molto somiglianti.

Il Fiume Livenza, infatti, ha acque limpide e correnti molto fredde; i fondali solo puliti, non ha ghiaia e avendo un bacino molto ampio è sempre molto ricco di acqua corrente. Questo, dunque, è un fiume ideale per le anguille che, specie nel tratto fra Motta e Santo Stino di Livenza, sono considerate gastronomicamente squisite. Hanno infatti carni bianche molto sode, con pochissimo grasso e un sapore profumato. L’anguilla del Livenza ha testa piccola, pelle chiara e sottile ed una giusta quantità di grasso che ne fa un prodotto superbo.
La tradizione delle popolazioni locali preferisce cuocerle “in umido con gli amoli (susine selvatiche) acerbi”.
 Dopo averle accuratamente mondate, tagliate in rocchi di 5 cm e infarinate, vengono messe a rosolare in un leggero soffritto di olio ed aglio, con un pizzico di prezzemolo tritato, due foglie di alloro, una puntina di concentrato di pomodoro, qualche rondella di limone e un pugno di amoli acerbi. Irrorate col vino bianco si insaporiscono poi con sale e pepe e si mettono in forno per completarne la cottura.

Vanno servite con l’immancabile polenta bianca fumante e vino rosso poco tannico. Questo è uno dei piatti storici, ancora molto presente nelle aree rivierasche del Livenza.

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