San Michele. Un tesoro nascosto tra le Colline

Una chiesetta nascosta tra le colline

Trovarla non è semplice. Entrarci ancora di più. La chiesetta è aperta SOLO UN GIORNO ALL’ANNO. Chi scrive non svelerà né il luogo né il giorno. E’ bene che resti così: nascosta e trovabile solo a i più determinati a farlo. Un luogo silenzioso e permeato di PACE è giusto che rimanga tale. L’acqua che scorre lassù era considerata BENEDETTA.

La chiesetta di San Michele Arcangelo è ben nascosta tra i vitigni delle Colline Patrimonio dell’Unesco: un luogo ameno, tra le colline di Serre, a Miane, che ispira pace e meditazione costruito circa nel 1340 dai monaci benedettini della vicina Abbazia di Follina.

Il luogo è tranquillo e isolato, probabilmente scelto allora dai frati per poter ritirarsi in meditazione e preghiera, lontani dai rumori e dal trambusto quotidiano. Il moto “Ora et Labora” (prega e lavora) si addice benissimo a questo solitario borghetto composto da tre edifici separati ma vicini tra loro. Al centro la piccola chiesetta che dall’esterno non presenta caratteristiche tipiche del secolo in cui è stata edificata.

A sinistra, volgendo le spalle alla piccola porta d’entrata si trova il vecchio rudere, che fungeva da refettorio, dove i frati si riunivano per i frugali pasti che dividevano con i bisognosi che salivano fin quassù, sicuri di trovare ospitalità.

A destra la vecchia stalla dove i benedettini alloggiavano il bestiame che avrebbe fornito latte per i formaggi e carne per il loro sostentamento. Le viti circondano i tre edifici e sicuramente anche allora il vino era di buona qualità.

Lo sguardo del visitatore si perde, spaziando a 360 gradi tra le Colline, regalando una vista unica, che coniuga la vera essenza di questi luoghi con la sua storia più antica.

Si può solo immaginare come potrebbe essere d’inverno, con la neve: un vero e proprio Presepe oppure tornare indietro nel tempo e immaginare i frati Benedettini che lavorano i vigneti, accudiscono il bestiame nella vicina stalla, per poi pranzare assieme nel piccolo refettorio, con i loro prodotti, come olio, vino, formaggio e pane sicuramente fatto in un vecchio forno.

Questa è la chiesetta di “San Micel” che viene aperta al pubblico una sola volta all’anno, in una data che non verrà svelata per tutelarne la pace e la tranquillità.

L’interno si sviluppa in uno spazio lungo e ristretto, adatto per poche decine di fedeli. Anche qui mancano i riferimenti all’epoca di costruzione ma l’occhio è attratto quasi subito dall’originale altare ligneo sul quale troneggia una pala centrale che raffigura una Madonna con Bambino ai piedi dei quali sulla destra S. Antonio con il giglio che lo contraddistingue in mano rivolge lo sguardo alla Vergine, e sulla sinistra San Michele che tiene in mano una bilancia a significare la Giustizia. Ai suoi piedi raggomitolato e sconfitto il demonio. Ai lati della pala due figure femminili.

L’occhio del visitatore è subito attratto dall’altare ligneo originale e dalla “pala” che è posta sopra di esso, rappresentante la figura della Vergine con il Bambino alla destra della quale la figura familiare di Sant’Antonio da Padova con in mano un bel giglio bianco. A sinistra, la figura di S. Michele Arcangelo con la spada mentre controlla Lucifero, ormai sconfitto e inerme ai suoi piedi.

Si racconta, inoltre, che un’acqua sgorgante a valle, una volta benedetta in questo luogo sacro, divenisse miracolosa, tanto da scacciare i demoni e guarire le streghe. La dedicazione a San Michele, vincitore su Lucifero, testimonia questa peculiarità.

La chiesetta cominciò a diventare punto di raccolta di olio, vino, uva, sorgo, frumentone per le parrocchie della Pieve di Miane; la tradizione di consegnare il quartese, cioè la quarantesima parte del raccolto presso San Micèl, si protrasse fino ai primi anni settanta.

L’edificio è stato ristrutturato più volte nel corso dei secoli e gli affreschi originali sono stati, purtroppo, ricoperti. il triangolo sopra la pala: rappresentante il Creatore circondato da cherubini che, indicandoci la colomba dello Spirito Santo, sembra aprirsi in un amorevole abbraccio verso l’intera umanità; le due tele ai lati dell’altare, a sinistra per chi guarda: dedicazione a Sant’Agata con martirio tramite asportazione di entrambi i seni; a destra: dedicazione a S. Eulalia con martirio tramite asportazione di entrambe le mani.

Cesare De Stefani, dell’Osteria Senz’Oste, è da sempre un assiduo frequentatore di questo luogo ameno: “Vengo qui da tanti anni ormai – dichiara l’Oste più famoso d’Italia – È un posto dove vengo a riposare la mente e lo spirito, a meditare. Mi siedo da solo guardando le Colline, mi sembra di respirarne la Storia. È un luogo speciale dove rimanere in silenzio e ascoltarsi, staccare la spina, isolarsi anche se solo per un’ora dal trambusto quotidiano”

(Tutte le foto e i testi sono copyright Pio Dal Cin 2021- @riproduzione riservata) esclusiva Marcadoc The Hills of Venice

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