Maria Pia Premuda Marson e la Bachicoltura a Vittorio Veneto

Maria Pia Premuda Marson e la Bachicoltura a Vittorio Veneto

La vulcanica Maria Pia Premuda Marson: 94 anni, due lauree e un libro sul baco da seta: “Ho capito l’uomo studiando il baco”. Nel cercare storie di persone nei nostri paesi della Sinistra Piave non è difficile imbattersi in donne e uomini che hanno avuto un percorso difficile. La cosa che accomuna di più questi personaggi è che diventano delle vere e proprie “icone viventi” con il passare degli anni.

Un caso su tutti, Maria Pia Premuda Marson: 94 anni, due lauree, una in farmacia e una in lettere. La vulcanica signora è originaria di Codognè, figlia di Nicolò Premuda, uno degli storici sindaci del paese, che con la sua visione carismatica trasformò il paese in un centro vivacizzato dalla presenza della Caserma Maset, dove migliaia di soldati da tutta Italia vennero a trascorrere la “naja” iniettando nella tranquilla economia del paese forze e risorse nuove. La signora Maria Pia ha una tenacia e una lucidità che stupiscono, come stupiscono le quasi mille pagine del suo compendio sul baco da seta scritto all’età di 86 anni, “Bombyx Mori”.

“Mi creda, ho imparato di più sulla vita dell’uomo scrivendo e studiando questo favoloso insetto che studiando per ottenere le mie due lauree” afferma sicura la dottoressa Maria Pia Premuda Marson, che ha scritto un compendio su “L’ importanza di un insetto nella vita dell’uomo“: nelle 645 pagine racconta tutto, dalle origini fornendo documentazioni inedite e riferimenti ben precisi. “Un’enciclopedia del Baco” si potrebbe definire.

“Mia madre con la sua tenacia ha salvato da sicura distruzione tutto l’enorme patrimonio storico contenuto nell’Istituto ed è grazie a lei se oggi possiamo fare questo viaggio nel tempo raccontando ai visitatori la storia di questo insetto meraviglioso ma forse ancora, nonostante tutto poco conosciuto”.

In pieno centro a Vittorio Veneto, esiste da tempo il “Museo del Baco”: si tratta di uno spazio ricavato all’interno dell’Istituto Bacologico Marson, fondato da Domenico Marson, cittadino vittoriese, nel 1882. La seta era di un’importanza economica immensa, tanto da essere trattata fino ai XIX secolo alla stregua stessa dell’oro e chi avesse portato il segreto della lavorazione di questo pregiato tessuto fuori dai confini della Cina era condannato alla pena capitale. Alcuni ci provarono. Ci riuscirono nel 553 dopo Cristo due monaci. L’imperatore Giustiniano, come altri prima di lui, aveva sentito parlare di come veniva prodotto questo prezioso “filugello” che erroneamente si pensava fosse di origine vegetale e quando i due monaci di ritorno da un viaggio gli riferirono la verità e gli portarono le prove, sotto forma di uova di bachi da seta, l’imperatore diede il via ad un’intensa campagna di diffusione di questa cultura. Ecco quindi che, cavalcando attraverso i secoli, il baco arriva fino ai nostri giorni.

La bachicoltura a Vittorio Veneto, ebbe inizio grazie all’intuito e all’acume del dott. Domenico Marson (1854-1930) laureato in Chimica Farmaceutica. Ottenuto il diploma di bacologo presso la regia stazione sperimentale di Padova, nel 1882 inizia il lavoro di produzione di ‘seme bachi’ e il suo stabilimento a Vittorio Veneto ottiene una rinomanza per i suoi studi e le sue felici esperienze.

Tutte le strumentazioni dell’epoca sono perfettamente conservate nel museo vittoriese come i vecchi attrezzi per dividere i maschi dalle femmine durante lo “sfarfallio” (il momento in cui le farfalle lasciano i bozzoli per accoppiarsi e deporre le uova), i microscopi e le attrezzature. Una ricchezza di oggetti che se non fosse stato per la tenacia e la determinazione dell’anziana madre sarebbero andati probabilmente distrutti, portandosi via un pezzo importante della nostra cultura e della nostra storia.

Al termine della visita si ha l’impressione di essere usciti da una fiaba, da una nuvola che profuma d’Ottocento e che è un piacere ritrovare qui oggi perfettamente in ordine, immobile, come se il tempo complice si fosse fermato in un fotogramma in bianco e nero.

(Testo e foto: Pio Dal Cin)

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