Mais Biancoperla

Quando non è solo polenta ma…
polenta di mais Biancoperla

La riscoperta del mais Biancoperla è di questi ultimi tempi. Si chiamava farina bianca per quelli della sinistra Piave ma ormai è in via di estinzione nei mulini e il mais ibrido si è divulgato. La granella del Biancoperla si presenta vitrea e di buone dimensioni la sua colorazione è bianco perlacea , è una varietà di mais ad impollinazione libera (auto-fecondante) e come tale non fa grandi produzioni. A partire dagli anni del dopo guerra, come per molte varietà di mais, anche la produzione del Biancoperla è andato via via riducendosi. Considerata di maggior pregio, era la polenta che divideva geograficamente la pianura e la collina dalla montagna, dove era diffusa quella gialla, più rustica e più adatta alle condizioni agronomiche.

In questi ultimi anni sono state avviate iniziative volte alla valorizzazione e alla tutela di questa varietà che hanno portato alla creazione dell’Associazione Conservatori Mais Biancoperla c/c IPSAA “Conte di Cavour” di Castelfranco TV. E sempre a loro è stato riconosciuto anche il Presidio Slow Food per difenderne la conoscenza e migliorarne la qualità. Questi semi vengono custoditi gelosamente da un gruppo di agricoltori appassionati del passato dove è possibile associarsi rispettando il regolamento dello statuto. In particolare viene valorizzata la macinazione a pietra, già praticata in passato, che ne esalta le ottime qualità organolettiche del prodotto.

Per saperne di piu’:

In un contesto come l’attuale, caratterizzato da un sistema agroalimentare orientato all’utilizzazione di una gamma sempre più limitata di piante ed animali specializzati e capaci di produzioni elevatissime, salvaguardare la Biodiversità Rurale significa diversificare le attività mantenendo in produzione il numero più elevato possibile di popolazioni vegetali ed animali residuati dalle passate culture agricole ed in pericolo di estinzione. Gli alimenti con gusto e sapore di elevato livello sono strettamente connessi al patrimonio genetico di piante ed animali autoctoni, rustici, poco produttivi coltivati/allevati, trasformati, cucinati e consumati con metodi e tempi tradizionali. La loro coltivazione/allevamento così come le modalità di trasformazione ed utilizzazione rappresentano aspetti che caratterizzano in maniera significativa le nostre radici e, pertanto, la loro salvaguardia costituisce prima di tutto una operazione di profondo significato culturale.
Tale salvaguardia non può essere fine a se stessa ne essere motivata dalla nostalgia per il buon tempo antico, ma deve risultare da una concreta e sostenibile valorizzazione delle produzioni agroalimentari a vantaggio degli agricoltori, dei trasformatori e dei consumatori. L’ Istituto professionale di Stato per l’Agricoltura e l’Ambiente “Domenico Sartor” di Castelfranco Veneto, nell’ambito dei propri compiti istituzionali, formativi e promozionali, con il coinvolgimento diretto degli allievi e delle proprie strutture tecniche, in collaborazione con vari enti, tra cui meritano particolare citazione l’Istituto di Genetica agraria “N.Strampelli” di Lonigo e “Veneto Agricoltura”, ha avviato diverse iniziative qualificabili come concreti contributi alla salvaguardia e valorizzazione della biodiversità rurale.
La riscoperta delle tradizioni e dei sapori del passato non è solo un gesto legato ad una pratica sempre più diffusa di recupero della buona cucina, ma rappresenta un giusto risarcimento culturale ai saperi e alle diversità della nostra terra, densa di memoria e di storia. Tra queste, il mais Biancoperla è solo un piccolo ma significativo tassello, in cui qualità e tradizioni emergono congiuntamente, dando vita ad un prodotto dalle caratteristiche uniche.

Il Biancoperla, con la sua granella vitrea di grandi dimensioni e di colorazione bianco perlaceo, come si intuisce dal suo stesso nome, è una varietà ad impollinazione libera e come tale non ha produzioni paragonabili ad un mais ibrido.
Va coltivato in “isolamento spaziale”, cioè almeno a 300 metri da altri mais o in “isolamento temporale” cioè con un ritardo di semina di 45/50 giorni tutto questo per evitare l’incrocio con altri mais. La minore resa è ampiamente compensata dalla qualità della farina che se ne ottiene e che consente di preparare una polenta squisita, largamente conosciuta ed apprezzata in passato. Questa varietà di mais, infatti, è stata per molto tempo e per una vasta area della pianura veneta fra cui la marca trevigiana, il mais riservato quasi esclusivamente al consumo alimentare e destinato alla produzione di polenta bianca, qui considerata di maggior pregio, rispetto alla gialla. Anche se le sue origini non sono ancora completamente chiarite, sembra possibile ricondurre il Biancoperla al gruppo dei “Perla” che comprende numerose varianti, tra le quali la Righetta Tagliamento. Oltre agli aspetti culturali legati a tale produzione tipica, la conservazione del Biancoperla risulta della massima importanza, per il mantenimento della biodiversità legata al territorio. Quest’ultima deve essere considerata un patrimonio comune e come tale tutelato ed adeguatamente conservata.

Per promuovere questa varietà dalle caratteristiche peculiari e recuperare le tradizioni ad essa legate, è nata l’Associazione Conservatori Mais Biancoperla. A tale associazione, che non ha scopo di lucro, aderiscono vari Enti ed Istituzioni. Tra gli obiettivi prefissati, oltre alla valorizzazione e promozione del Mais Biancoperla, l’organizzazione di una efficiente filiera produttiva in grado di garantire il consumatore circa origine ed autenticità del prodotto.

Territorio interessato alla produzione

Provincia di Treviso

La storia

L’Amaro al radicchio rosso di Treviso è il risultato di lunghe ricerche e sperimentazioni. La sua ricetta viene tramandata da generazioni, la sua qualità deriva dall’infuso e dalla distillazione del radicchio rosso, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo.

Descrizione del prodotto

Questo amaro è a base di alcool, zucchero, e radicchio rosso di Treviso (varietà “Tardivo” I.G.P.) messo in infusione. Le sue caratteristiche sensoriali riportano sia all’olfatto che al gusto il classico sapore del radicchio di Treviso, con profumo erbaceo, gusto pieno e retrogusto amarognolo.

Processo di produzione

Il radicchio rosso di Treviso I.G.P viene pulito, lavato accuratamente e tagliato in piccoli pezzi; questi vengono messi in infusione idroalcolica a 50° per almeno sessanta giorni. Trascorso questo periodo si estrae l’infuso, si distilla la parte solida residua e si imbottiglia il prodotto.

Reperibilità

Liquore tradizionale della Marca Trevigiana, l’Amaro al Radicchio Rosso è reperibile anche presso alcuni rivenditori specializzati nelle altre province venete e specialmente in quelle di Venezia e Padova.

Usi

Amaro e digestivo, questo prodotto va consumato in piccole dosi solitamente dopo i pasti.

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