A Col San Martino, tra un bicchiere e l’altro, circola la leggenda di Mastro Bortolo.
Un tale, Mastro Bortolo, coltivava l’uva attorno alla chiesetta di San Martino; ci metteva tutta l’anima e, con sacrifici e dedizione, era riuscito ad ottenere un vino così buono da chiamarlo: “Elisir Prosecco”. Alcuni nobili possidenti locali, venuti a conoscenza di queste uve speciali, mandarono i loro scagnozzi a vendemmiare l’uva di Mastro Bortolo, senza il suo permesso e con molta prepotenza: Il contadino era impotente di fronte alle angherie dei signorotti e capì che l’unica cosa da fare era vendemmiare prima che arrivassero a rubargli l’uva. Doveva però anche nascondere l’uva e il vino che ne avrebbe ricavato; finalmente, dopo un lungo pensare, ebbe un’idea.
Ai piedi della collina c’era un gigantesco albero di rovere ritenuto sacro e inviolabile da tutti, anche dalla nobiltà, perché si riteneva fosse stato piantato dal dio Endimione, figlio di Zeus; era perciò un ottimo nascondiglio.
Per mesi e mesi il contadino lavorò sodo, scavando un tunnel sotterraneo che dalla sua vigna portava fino a sotto il grande rovere. All’interno del gigantesco albero riuscì a ricavare una cantina e una stanza per spremere l’uva, facendola così in barba ai prepotenti signorotti.
Da quella vendemmia in poi, l’Elisir Prosecco” poteva essere così gestito dal legittimo proprietario e bevuto soltanto dai suoi amici, in buona compagnia.
Tratto da “Guida insolita del Veneto” di Maurizio Vittoria