Il tesoro tessile del Duomo di Castelfranco Veneto – Dai bauli in sacrestia spunta il tesoro tessile del Duomo castellano: sessanta piccoli capolavori catalogati in vista di una mostra. Dai piviali in oro dell’Ottocento alla pianeta di Papa Roncalli.
Il duomo di Castelfranco svela un altro incredibile tesoro, proprio lì, a pochi passi dalla pala del Giorgione, le cassettiere della sacrestia hanno restituito una meravigliosa serie di capolavori in tessuto. A dir la verità, a parlare per la prima volta della loro esistenza fu Gian Paolo Bordignon Favero negli anni Sessanta. Ora però, grazie all’impegno del parroco don Paolo Barbisan, dell’Amministrazione Comunale e di Amici dei Musei, il patrimonio tessile castellano è stato inventariato, fotografato e sarà interamente schedato con l’auspicio di organizzare presto un’esposizione. Si tratta di una collezione unica nel suo genere per numero di pezzi e ricchezza di tipologie tessili, una sessantina circa, che consentono di ricostruire la storia della Chiesa riallacciandola a quella della comunità castellana. Broccati, moiré, taffetà, sete e sontuosi tessuti francesi proibiti al tempo della Serenissima raccontano per esteso un secolo, il Settecento, come spiega Alessandra Geromel, esperta del tessuto: «Grazie alla ricognizione fatta siamo riusciti a ricomporre i completi liturgici originali, composti da pianeta, stola, manipolo (poi caduto in disuso con il Concilio Vaticano II), velo da calice e busta. Forse non tutti sanno che i tessuti utilizzati provenivano da donazioni di abiti civili, ad esempio da matrimonio, che a quel tempo avevano metrature importanti e soprattutto non erano bianchi.
Il bianco sarà introdotto solo dopo la proclamazione del Dogma dell’Immacolata Concezione nel 1854». Ecco allora che i bauli del Duomo hanno restituito paramenti marroni su cui campeggiano fiori sgargianti, lilla, azzurri e viola frutto della maestria rigorosamente maschile della corporazione dei tessitori. Ma escono anche veli omerali, stole impreziosite con ricami oro e argento, buste per l’elemosina ricamate a mezzo punto e perline, cuscini e piviali; per questi ultimi (sontuose cappe liturgiche usate nelle processioni e nelle celebrazioni solenni) resta ancora traccia della corrispondenza epistolare, con un negoziante milanese che nell’Ottocento forniva il samis d’oro. Complice della buona conservazione dei tessuti è stato sicuramente il buio, che ha permesso di preservare i colori originali, importanti per comprendere il canone cromatico del calendario liturgico. Se il verde era colore del tempo ordinario, ben più ambito il rosso che rappresenta il sangue dei martiri e il fuoco della Pentecoste. Tra le pianete moderne pregevole quella donata da Papa Giovanni XXIII negli anni ’50, come ricorda il parroco, don Barbisan: «È una pianeta moderna, bianca, donataci dal papa dopo una visita in occasione delle celebrazioni di Pio X nel 1952. Angelo Roncalli era l’allora patriarca di Venezia e solo qualche anno dopo, nel 1958, sarebbe diventato Giovanni XXIII come reca la scritta ricamata sul tessuto inviatoci dal Vaticano».
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articolo di Valentina Calzavara per www.gazzettino.it